La qualità è definita dalle norme ISO 9000 come il grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i requisiti, intendendo per requisiti le esigenze o aspettative implicite o cogenti. Questa definizione di qualità mette in luce l'importanza del cliente, sia esso l'utilizzatore finale, il collega, il socio, ecc., ovvero colui che a qualsiasi livello beneficia del risultato di un processo. Quindi chi produce un bene o un servizio deve porsi come obiettivo principale la soddisfazione del cliente.
Gli elementi fondamentali che compongono la definizione di qualità sono quattro:
Quando un'azienda raggiunge la soddisfazione del cliente non può fermarsi. Infatti, anche i propri clienti evolvono, cambiando gusti, abitudini, il livello culturale, la loro percezione sulla sicurezza, ecc. Quindi la qualità è un elemento mutevole. Requisiti quali la sicurezza, l'efficienza, l'utilità, la comodità, l'estetica, la moralità, ecc. sono parte dell'insieme dei requisiti che formano l'aspettativa del cliente. Essendo l'importanza che il cliente attriuisce a ciascuno di questi requisiti mutevole nel tempo, nonchè differente da cliente a cliente e, infine, variabile a seconda della situazione d'uso, ne consegue che la qualità è in continua evoluzione. Per questo motivo la qualità sembrerebbe un concetto elusivo, difficile da definire e da misurare. Ciò non è vero se si fa riferimento alle norme standard ISO 9000 le quali prevedono tra i loro requisiti fondamentali, la misura stessa della qualità. Questa apparente difficoltà, ovvero l'impossibilità di misurare un concetto mutevole, verrà risolta, con il tema del miglioramento continuo, a cui si rimanda per un approfondimento.
La qualità è misurata in termini relativi e mai assoluti. La misura della qualità va rapportata sempre ai requisiti del cliente. La misura della qualità fornisce un grado o un livello di soddisfacimento. Il motivo percui non è utile definire la qualità in termini assoluti è perchè la qualità di un prodotto cambia al cambiare dell'utilizzatore, della situazioni d'uso, dello scopo. Pertanto, una bilancia analitica alla quinta cifra decimale non è appropriata per misurare la quantità di carne trita venduta al banco di un supermercato. Infatti, sebbene quella bilancia sia accurata, precisa e riproducibile, essa non è adatta allo scopo previsto in quanto troppo delicata, necessita di costosa manutenzione, e, sopratutto, perchè la precisione dello strumento non è necessaria per l'utilizzo finale, risultando in uno spreco.
Il concetto di qualità mira quindi alla soddisfazione del cliente. Ne segue che un prodotto che maggiormente riesce a soddisfare i requisiti del cliente è di un livello di qualità più alto. Per definire questi livelli di qualità si possono seguire strategie concettuali diverse. Il primo modello è quello giapponese che definisce i cinque livelli o dimensioni della qualità:
Un prodotto è in qualità se risponde alle specifiche, ovvero se le sue caratteristiche sono vicine ai dei valori definiti dal cliente o dalle leggi. Questo livello di qualità è forse il minimo essenziale e possiamo definire questo livello come sufficiente. La qualità del prodotto è in questo caso definita sia come conformità alle prescrizioni della legge o delle norme che riguardano la definizione del prodotto (conformità merceologica) sia come conformità alle prescrizioni che riguardano la sicurezza del consumatore (conformità igienica). Forse l'espressione più adatta per definire un livello sufficiente di qualità è quella di idoneità al consumo. Per esempio, quando andiamo al supermercato per comprare delle mele, ci aspettiamo che nel sacchetto troviamo un prodotto sicuro, non marcio o avariato, privo di agenti chimici, fisici o microbiologici ad un livello tale che possano nuocere alla nostra salute. La rispondenza alle specifiche è il primo livello della qualità di un prodotto.
Un livello superiore di qualità richiede non solo che il prodotto comprato sia conforme alle specifiche, ma anche che sia adeguato all'uso. Pertanto, le mele gialle che abbiamo comprato al mercato dovranno anche essere adeguate all'uso prefissato, come per esempio per preparare una torta di mele. Emerge da questo livello una evoluzione del cliente che non solo desidera un tipo di mele, ma ha in mente anche uno specifico utilizzo. In sintesi: la qualità è di un livello superiore quando il prodotto non è soltanto conforme alle leggi, ma possiede specifici requisiti di adeguatezza relativi alle sue caratteristiche materiali, d'uso o di prestazione.
Occorre notare che l'adeguatezza d'uso di un prodotto alimentare significa innanzitutto adeguatezza al consumo come alimento. Questo comporta l'adeguatezza dei due aspetti che costituiscono congiuntamente la qualità di un alimento e cioè l'aspetto nutrizionale e quello sensoriale, la nutrizione e il piacere di mangiare. Tuttavia questi due aspetti, sono necessari ma non sufficienti per definire una adeguatezza all'uso o al consumo. Infatti, come non è adeguato abbinare un vino Barbera DOCG con una delicata sogliola al vapore, così non è adeguato servire ostriche e muscadet ad una festa per bambini. È quindi evidente come per adeguatezza occorre tenere a mente anche la situazione del consumo (mensa scolastica, ospedaliera, ristorante, bar, ecc.) e il modo in cui l'alimento è utilizzato e abbinato (fresco, cotto, abbinato con spezie, aromi, triturato, omogeneizzato, ecc.).
Infine, si vuole ricordare come questi due primi livelli di qualità hanno un limite. La condizione di conformità alle specifiche e adeguatezza all'uso sono necessari ma non sufficienti per definire un prodotto di qualità eccellente. Il livello di qualità del prodotto potrà aumentare solo fino ad un certo punto entro questi due livelli. Una volta che sia la conformità alle specifiche, sia l'adeguatezza all'uso sono state soddisfatte, non sarà possibile aumentare oltre il livello di qualità del prodotto.
La competizione sul mercato tra prodotti con caratteristiche simili, che siano conformi alle specifiche del prodotto e adeguati allo scopo, fa nascere un nuovo livello di qualità: il costo. Il cliente, a parità prodotto, sceglierà quello con il prezzo inferiore.
Nell'elaborare una preferenza, il cliente si basa non solo sui ragionamento precedentemente descritti, ma tiene conto anche di altri fattori, non espressi, ma decisivi sulla sua scelta finale. Questi fattori sono dette esigenze latenti, come possono essere il tipo di confezione (colori, forma, materiale, immagini), lo stile nella presentazione del prodotto, la disponibilità del venditore, la fidelizzazione del cliente, la pubblicità solo per citarne alcuni. È probabile che quando dovremo decidere quali mele scegliere tra due bancarelle che vendono le stesse mele renette, la nostra scelta ricadrà sul banco più ordinato, pulito, con il venditore più gentile. Queste aspettative sono molto potenti. Esse sono ampiamente utilizzate dal marketing moderno che addirittura con queste riesce a convincere il cliente ad acquistare un prodotto ad un prezzo più alto di quelli analoghi presenti sul mercato. L'utilizzo delle carte a punti distribuite dai supermercati sono un esempio di come sia possibile creare una fidelizzazione del cliente verso il punto vendita.
Potremmo pensare che dopo aver raggiunto l'adeguatezza alle specifiche del prodotto, all'uso del cliente, al costo e, infine, alle esigenze latenti, non ci resti più nulla da fare che non goderci il successo del nostro prodotto. Invece, ci accorgeremmo di non aver ancora imboccato la strada per l'ultimo livello di qualità, ovvero la strada verso l'eccellenza. La parola "eccellere" deriva dal latino excellere che vuol dire "salire (cellere) oltre (ex)". Eccellere in qualità significa, quindi, andare oltre l'adeguatezza. L'eccellenza pertanto aggiunge all'adeguatezza dei valori che non risiedono nelle specifiche, nel prodotto, nel costo, bensì dei valori che risiedono nell'etica, nell'ambiente di lavoro, nella protezione dell'ambiente. Prodotti biologici a lotta integrata, packaging ecocompatibili, rispetto dei diritti umani, tutela contro lo sfruttamento dei minori, sicurezza e salubrità del posto di lavoro sono solo alcuni di quei requisiti superiori che a poco a poco stanno emergendo nelle aspettative dei clienti e che in un non lontano futuro potranno fare la differenza nella scelta finale d'acquisto.
Il concetto di "qualità" non è statico ma tende ad evolversi con il passare del tempo e con il mutare del mercato e delle esigenze dei clienti.
Da quando si è iniziato a parlare di qualità, si è fatta molta strada e l'approccio è cambiato profondamente, così come sono cambiate le norme che ne descrivono l'applicazione.
La qualità appare per la prima volta con l'approccio al lavoro di tipo artigianale in cui l'esecutore è, contemporaneamente, produttore e controllore del proprio operato.
Ci viene tramandato che, già ai tempi dei Fenici, ci fossero ispettori che mozzavano la mano a chiunque violasse gli standard stabiliti. Nel codice di Hammurabi, intorno al 2150 a.C., si descriveva, invece, come dovessero essere costruite le case e si prescriveva che un muratore che avesse costruito male una casa, dovesse essere addirittura ucciso!
La più antica "guida alla qualità", risale, invece, al 1450 a.C. ed è stata scoperta in Egitto. Spiega come è possibile verificare, con l'aiuto di una corda, la perpendicolarità di un blocco di pietra.
E' col Medioevo e con l'avvento delle Corporazioni, però, che vennero formalizzate per la prima volta le regole che stavano alla base delle modalità di lavoro del "maestro".
Mediante la trasmissione scritta del know-how, si garantì la ripetibilità delle fornitura (concetto fondamentale nell'ambito della qualità) e la preservazione del mestiere.
Anche l'apposizione del marchio sui prodotti fu un indice di come la qualità si stesse evolvendo. Un marchio identificava il produttore e ne fissava le responsabilità relativamente alla qualità del prodotto.
Con la prima rivoluzione industriale, che ebbe luogo in Gran Bretagna verso la fine del XVIII secolo, ci fu una forte spinta verso un concetto di qualità ancora più formalizzato.
In questo periodo si ebbe il passaggio da una produzione artigianale (un'industria domestica molto diversificata che si basava sulle richieste del consumatore, utilizzava manodopera con alta professionalità e accentrava al massimo il potere decisionale) ad una produzione di massa (standardizzata al massimo, basata su manodopera poco specializzata, meno costosa rispetto alla produzione artigianale).
Le quantità prodotte aumentarono considerevolmente grazie all'utilizzo dell'energia termica ricavata dal carbone, all'introduzione di nuovi macchinari, alla possibilità di trasportare le merci su rotaia e alla suddivisione del lavoro.
In questo tipo di produzione, i risultati qualitativi dipendevano sempre meno dalle capacità dei singoli operatori e sempre di più dalla progettazione e dalla formalizzazione dei processi produttivi.
Con la seconda rivoluzione industriale, che incominciò nel 1890 e fu favorita da innovazioni tecnologiche e dallo sfruttamento dell'energia elettrica, l'industria subì un'ulteriore trasformazione che sfociò in una suddivisione del lavoro sempre più spinta, esasperata in seguito dall'introduzione della catena di montaggio di tipo fordista.
Negli anni che precedono la prima guerra mondiale, le organizzazioni iniziarono a basarsi sull'ispezione e sul collaudo. La "quantità" rimane un obiettivo della produzione mentre la "qualità" viene affidata ad un nuovo ente separato, il Collaudo. Il mercato di quegli anni era caratterizzato da: - volumi bassi - manodopera qualificata - mancanza di standardizzazione
La qualità nel senso tradizionale del termine inizia a fare capolino negli anni '20, favorita dalla nascita delle prime grandi aziende con modelli organizzativi complessi e dalla necessità di sottoporre le variabili di processo a rigidi controlli per poter far fronte a quantità sempre più elevate a costi sempre inferiori.
Questi sono gli anni della nascita dei primi metodi statistici per il controllo della qualità, basati su supporti grafici: le carte di controllo. Il mercato di quegli anni era caratterizzato da: - grandi volumi - manodopera non qualificata - standardizzazione dei processi produttivi
Scopo del controllo qualità era quello di garantire la conformità del prodotto, verificando i punti critici della produzione attraverso l'esame dei difetti ripetitivi, con l'obiettivo principale di separare i prodotti conformi da quelli non conformi.
Tra il 1920 e il 1945, si sviluppano le tecniche di controllo statistico della qualità dell'output grazie a Gorge D. Edwards e a Walter A. Shewhart. Si introdussero tecniche di controllo sull'intero processo produttivo, non limitandosi più, quindi, a verificare la difettosità dei prodotti solo alla fine del processo dato che i controlli a tappeto su tutti i prodotti stavano iniziando a rivelarsi troppo costosi. Per effettuare questa nuova tipologia di controlli, si fece sempre più ricorso ai criteri statistici. Esaminando pochi prodotti finiti si riusciva a stabilire, mentre si produceva, se il processo presentava delle irregolarità o meno.
I controlli basati su criteri statistici ebbero la massima applicazione durante la seconda guerra mondiale, quando per l'industria bellica diventò necessario utilizzare in modo massiccio manodopera femminile non specializzata e soggetta, quindi, ad un margine di errore maggiore.
Alla fine della seconda guerra mondiale, si iniziò a parlare di qualità in maniera sistematica grazie al Giappone che dovette trovare uno strumento che gli permettesse di riprendersi dalla profonda crisi economica nella quale si stava dibattendo dopo la sconfitta e che rappresentasse una nuova variabile competitiva.
La qualità per i giapponesi divenne uno strumento di rivalsa davanti al mondo. Non si trattava, però, della qualità di prodotti ottenuta secondo i canoni della cultura industriale del tempo ma di una qualità dei processi e della produzione in grado di generare prodotti migliori a costi inferiori. E' proprio in quegli anni che iniziò a maturare il "modello giapponese", antitetico rispetto al modello occidentale, che aveva i suoi limiti nella divisione del lavoro e nell'incapacità di soddisfare la variabilità della domanda.
Secondo i giapponesi il rispetto delle specifiche tecniche non bastava più, occorreva pensare anche a specifiche organizzative. Iniziò a farsi strada l'idea che le organizzazioni ben strutturate, che attuavano strategie corrette e che applicavano correttamente le procedure, fossero in grado di offrire ai propri clienti un'adeguata confidenza del rispetto di determinate specifiche di prodotto. Cambia l'approccio al problema che passa dall'essere passivo all'essere proattivo e basato non solo sulla rimozione della non qualità ma anche sulla prevenzione degli incidenti attraverso la progettazione e l'applicazione di un Sistema Qualità formale capace di ridurre la possibilità di generare errori.
Nel 1945, A. V. Feigenbaum pubblica un articolo in cui descrive la sua esperienza presso la General Electric e l'applicazione del Total Quality Control. Questa è la prima volta in cui vengono associati il concetto di qualità e quello di totalità.
Nel 1946 venne fondata la American Society for Quality Control che, in seguito, diventerà la American Society for Quality.
Nel 1947 Deming fu chiamato dal Supreme Command for the Allied Powers (SCAP) per aiutare la preparazione del censimento del 1951 in Giappone.
Fu così che Deming iniziò a collaborare con i docenti giapponesi di statistica, entrando in contatto con la cultura giapponese.
In quegli stessi anni in Giappone nacque la Japanese Union of Scientists and Engineers (JUSE) con lo scopo di promuovere lo sviluppo e la diffusione del controllo della qualità. La JUSE iniziò a studiare le tecniche di controllo statistico sviluppate negli USA durante la guerra e nel 1949 creò il Quality Control Research Group (QCRG) composto, tra gli altri, dal professor Ishikawa.
Negli anni '50, alcuni settori (aerospaziale, nucleare, petrolchimico, ecc) si chiesero come potessero fare per applicare il concetto di controllo di prodotto, considerando il fatto che per i prodotti di questi settori doveva essere effettuato in tempo reale. La risposta fu quella di affiancare alla specifica tecnica una specifica organizzativa che illustrasse, ad esempio, come qualificare i fornitori, chi dovesse fare cosa, ecc. Era nata così l'Assicurazione Qualità. Per la prima volta si riconosceva che la qualità era il risultato di sforzi congiunti di tutte le funzioni e che ciò che contava era la qualità dei processi aziendali e non più solo quella dei prodotti. Nel 1950 Deming, su invito della JUSE, tornò in Giappone per condurre un seminario di 30 giorni dedicato ai manager delle aziende giapponesi. Deming fu talmente felice di collaborare nella trasmissione dei concetti di qualità a queste persone che non chiese alcuna retribuzione.
La risposta fu eccellente: spesso fu addirittura necessario allontanare la gente dall'aula. Deming non riusciva a spiegarsi tanto successo dato che, disse, "...non feci molto di più che spiegare cosa deve fare il management...". Parlando degli analoghi tentativi fatti negli Stati Uniti, lo stesso Deming disse "...durante corsi di 8 giorni chiedevamo all'azienda di mandarci persone del top management ma quella gente non veniva. Alcuni vennero per un solo pomeriggio. Non impari concetti come questi in un solo pomeriggio. Così il controllo della qualità scomparve dalla cultura americana...".
Nel 1951, quale segno di gratitudine, venne istituito il Premio Deming che, da allora, viene assegnato a chi si è distinto nello studio delle teorie statistiche o alle aziende che abbiano ottenuto risultati evidenti nella loro applicazione.
Sempre nel 1951, esce un libro di Feigenbaum dal titolo "TQC" (Total Quality Control). Il Total Quality Control, propone per la prima volta un atteggiamento dell'organizzazione aperto alle esigenze dei clienti e tale da realizzare obiettivi della qualità, attraverso il coinvolgimento dell'intera struttura aziendale con un approccio basato sulla motivazione delle persone e sul miglioramento continuo dell'intera struttura. Nel 1954 un altro studioso americano, il dottor Juran, fu invitato in Giappone a tenere dei seminari nei quali spiegò che il controllo della qualità era uno strumento manageriale, una strategia e che come tale doveva essere visto.
Nell'arco di 10 anni il JUSE formò quasi 20.000 ingegneri nell'ambito delle metodologie statistiche. In Giappone iniziò a diffondersi una visione manageriale della qualità, basata sul Controllo statistico e sulla messa a punto dei sette strumenti.
E' di questi anni la prima pubblicazione della rivista Hinshitsu Kanri (Statistical Quality Control) e la trasmissione dei primi corsi radiofonici per la diffusione al grande pubblico dei concetti base del Controllo qualità.
Nel 1959 il Dipartimento della Difesa americano emise la prima norma dedicata alla qualità, lo standard militare MIL-Q-9858A "Quality program requirements", primo esempio di normativa che richiedeva un modello organizzativo attinente all'Assicurazione Qualità. Lo standard venne adottato dalla NATO tramite lo sviluppo delle Allied Quality Assurance Publications (AQAP).
Queste norme introducono il principio della prevenzione dei difetti in contrapposizione alla loro individuazione e fissano le basi per discutere per la prima volta di "Sistemi Qualità".
Nel 1960 venne varata in Giappone la prima campagna nazionale della qualità e si scelse il mese di novembre come mese della qualità. In quel periodo Deming venne insignito con il Secondo Ordine del Sacro Tesoro. Fu il primo americano a ricevere una tale onorificenza.
Nel 1962 nacquero i primi circoli della qualità e si iniziò a parlare di "politiche della qualità".
Nel 1969 venne organizzata a Tokio la prima International Conference on Quality Control.
Nel 1970 negli USA, nell'appendice B della legge 10 CFR (Code of Federal Regulation) 50, vennero elencati i 18 criteri di riferimento obbligatori per gli impianti nucleari che diventarono il riferimento per tutte le norme del settore.
In questi anni, sulla scia dei 18 principi e seguendo l'obiettivo della standardizzazione, si svilupparono diversi altri standard in tutto il mondo. Tra le tante ricordiamo le norme ANSI americane, le DIN tedesche, le UNI italiane, ecc.
Negli anni '70 Ishikawa favorì lo sviluppo di una nuova cultura che si basò su:
Questa nuova cultura prese il nome di Company Wide Quality Control (nel resto del mondo si chiamerà, invece, Total Quality Control) e fece suoi, tra gli altri, i seguenti principi:
Il Giappone riuscì, puntando sulla qualità dei prodotti e sulla responsabilizzazione dei propri lavoratori, a soppiantare l'egemonia americana, dimostrando che produrre il più possibile senza porre l'accento sugli standard qualitativi, non pagava più. Sono di questi anni le prime evoluzioni dei Sistemi Qualità che possiamo riassumere nei concetti di controllo qualità totale rivolto a tutte le funzioni aziendali e di produzione a zero difetti.
Sempre in questi anni inizia a farsi strada il concetto della qualità intesa come soddisfazione del cliente. Il punto di riferimento, per la prima volta, si sposta da chi produce a chi riceve il prodotto, soppiantando il concetto fordista di prodotto standardizzato e aspirando ad un prodotto che abbia un contenuto qualitativo sempre più elevato a prezzi competitivi.
Nel 1971 in Giappone nacque la Japanese Society for Quality Control i cui membri si impegnarono a promuovere e a favorire studi e ricerche in tema di controllo qualità e le prime organizzazioni furono valutate e certificate conformi agli standard della Difesa e fu istituito un registro per raccoglierle tutte.
Nel 1974 il Giappone, per permettere la produzione anche in un periodo di crisi come quello che fece capo alla crisi petrolifera del 1973, iniziò ad applicare il concetto del just in time e della qualità totale. I lavoratori non si specializzarono più in poche mansioni elementari ma ebbero più mansioni e una capacità di controllo sul processo produttivo. I contatti diretti con la clientela assunsero un ruolo preminente, si cercò di venire incontro alle esigenze dei clienti più che di convincerli a comprare un certo prodotto, abbandonando la concezione di produzione standard. La spinta all'innovazione proveniva dalla base. Le scorte di magazzino vennero abolite e venne introdotta la flessibilità dei processi produttivi.
Nel 1979 le British Standards pubblicarono la BS 5750 per i Sistemi Qualità che può essere considerata come la progenitrice delle attuali ISO 9001. Sempre nel 1979 si istituì il comitato tecnico TC 176 che ha il compito, ancora oggi, di aggiornare le norme della serie ISO 9000.
A partire dagli anni '80 le prime aziende occidentali, soprattutto quelle americane, iniziarono a rendersi conto dell'importanza dello sviluppo della qualità per il successo di un'organizzazione. Nel 1980 una produttrice televisiva, Clare Crawford-Mason, scoprì Deming e lo fece conoscere al grande pubblico trasmettendo in tv un documentario da titolo "If Japan can... why can't we?" ("Se il Giappone può...perchè noi non possiamo?").
La reazione degli Stati Uniti, in posizione precaria rispetto al colosso giapponese, fu immediata. Deming iniziò a lavorare come non aveva mai fatto prima e società come Ford Motor Company e General Motors chiesero la sua collaborazione.
Per la prima volta la qualità non venne vista come un mezzo per risolvere problemi ma come un'opportunità di business. Nel 1983 la Thatcher pronunciò il famoso discorso nel quale sosteneva che la qualità fosse essenziale per il successo dell'industria britannica. Nel frattempo, seguendo l'esempio del Giappone, gli USA impararono a dare il giusto peso alla qualità fino a varare nell'83-'84 un Congresso per promuoverla e a promuovere, nel 1986, un vero e proprio piano qualità per le aziende americane (il piano Baldritch) che prevedeva incentivi economici per le organizzazioni che volevano seguire il percorso della certificazione. E' sempre negli anni '80 che vennero emesse a cura dell'ISO le prime norme di riferimento finalizzate alla qualità. Nel 1987, infatti, l'International Organization for Standardization adottò il codice britannico BS 5750 e pubblicò quella che ora è chiamata serie di norme ISO 9000. I premi dedicati alla qualità
Nel 1988 negli USA venne istituito il Malcom Baldrige National Quality Award mentre in Europa nacque lo European Quality Award, premi per le aziende di riferimento in ambito qualità. Nel 1989 per la prima volta la macchina più venduta negli USA fu di fabbricazione giapponese: si trattava della Honda Accort.
Nel '94 lo standard ISO 9000 venne rivisto e vennero emesse le norme UNI EN ISO 9001:1994, UNI EN ISO 9002:1994, UNI EN ISO 9003:1994 che puntavano l'attenzione sulla garanzia della qualità del prodotto, sulla descrizione dei requisiti che un Sistema Qualità deve avere per raggiungere la qualità e sulla soddisfazione del cliente attraverso la conformità ai requisiti. Il concetto di Assicurazione Qualità venne così formalizzato per la prima volta. Nel 1997 l'ISO decise di raccogliere, a livello mondiale, le impressioni e le esigenze di moltissime aziende per evidenziare i punti di debolezza delle norme esistenti.
I punti emersi furono, essenzialmente: la poca adattabilità delle norme ai diversi settori di business e alle diverse dimensioni delle organizzazioni, una famiglia di norme troppo estesa (si parlava di circa una ventina di documenti), una terminologia utilizzata nelle norme che non era chiara, la mancanza dei concetti di autovalutazione e di miglioramento continuo, i settori della vita aziendale che non erano coinvolti tutti in egual misura nel processo di certificazione e, infine, un concetto di processo inteso unicamente come processo produttivo.
A seguito di questa indagine, nel 2000 gli standard ISO 9000 vennero rivisti.
Con l'emissione della serie UNI EN ISO 9000:2000, nacque la correlazione del concetto di qualità certificata con quello di qualità percepita e della soddisfazione del cliente. Per la prima volta vennero introdotti i concetti di processo, sistema e interazione di processi.
In questi anni è in corso una nuova revisione delle norme della qualità.
Nel 2008 è stata emessa la nuova versione dello standard: la UNI EN ISO 9001:2008.
L'applicazione del Controllo Qualità consiste nell'assicurarsi che il prodotto sia conforme ai requisiti espressi dal cliente effettuando, prima della consegna, tutti i controlli, le prove e le misurazioni necessarie per eliminare quei prodotti che non corrispondono ai requisiti espressi nelle specifiche.
Questa metodologia può essere considerata come il primo stadio dell'applicazione della qualità ed è molto utile, soprattutto, in quelle realtà in cui un errore può costare moltissimo come, ad esempio, nelle industrie farmaceutiche, in ambito aerospaziale, ecc.
Storicamente il controllo qualità iniziò a diffondersi intorno agli anni '30, quando si iniziò a capire che i costi di scarti e rilavorazioni incidono pesantemente sulle finanze delle aziende. Con l'avvento della produzione di massa, il controllo divenne ancora più stringente grazie al controllo statistico di processo, concetto trattato per la prima volta da Shewhart.
Questa metodologia può essere implementata solo se:
1) è ben definito il livello di qualità richiesto attraverso specifiche di prodotto chiare (quali sono le caratteristiche da controllare, quali sono le prestazioni attese e le tolleranze ammesse, ecc) 2) sono assicurate tutte le condizioni necessarie per ottenere la qualità 3) sono stati definiti i punti di controllo, la frequenza dei controlli e cosa controllare 4) i controlli vengono eseguiti puntualmente 5) si interviene tempestivamente per riportare la varianza del processo entro le tolleranze ammesse.Il Controllo Qualità può essere eseguito, a seconda delle necessità, in tre momenti particolari della vita di un'organizzazione:
1) all'ingresso delle materie prime per non immettere in produzione materiali non conformi 2) durante i processi produttivi: sui semilavorati 3) all'atto del collaudo: sui prodotti finiti I prodotti considerati non conformi saranno soggetti ad apposite decisioni e ad una conseguente azione correttiva.I costi legati ad una qualità gestita in questo modo sono molto alti perchè ci si accorge del problema solo una volta che questo si è già verificato. Il tutto si concretizza in un numero di scarti molto alto, in costi aggiuntivi dovuti all'approvvigionamento di nuovo materiale e in un probabile ritardo nella consegna del prodotto al cliente.
I vantaggi dell'applicazione del Controllo Qualità sono che senza una specifica non si può lavorare e che, lavorando in questo modo, siamo sicuri che al cliente non arriverà mai un prodotto difettoso.
Il difetto principale dell'applicazione di questa metodologia è che le persone dei reparti produttivi sono deresponsabilizzate perchè sanno che c'è un dipartimento a valle che controlla il loro lavoro, che ci si accorge troppo tardi di eventuali errori o problemi e che i costi legati alla loro risoluzione sono molto alti.
L'applicazione della metodologia dell'Assicurazione della Qualità mira ad aumentare la fiducia del cliente, assicurandogli che i suoi requisiti verranno rispettati (insieme ai requisiti cogenti e ai requisiti volontari adottati dall'organizzazione).
La novità introdotta da questo tipo di approccio, consiste in un sistema integrato di gestione della qualità che poggia su una fase di pianificazione e di progettazione del sistema di controllo e su responsabilità ben definite per quanto riguarda l'implementazione del sistema e la sua documentazione. L'affidabilità del prodotto/servizio si evolve, dato che non si basa più solo sulla conformità al momento della consegna ma si estende alla conformità durante il tempo di utilizzo.
Applicando l'Assicurazione della Qualità, si passa da una qualità vista come mero raggiungimento dei requisiti prefissati e statici, ad una qualità dinamica. La conformità, infatti, rappresenta solo il primo passo per migliorarsi continuamente.
Non ci si limita più, quindi, alla mera correzione dell'errore una volta individuato, come avviene con l'applicazione del Controllo Qualità, ma si cerca di impedire che l'errore si verifichi, pianificando, applicando procedure documentate, estendendo le attività di controllo, ecc. L'Assicurazione Qualità interpreta un'importante esigenza, quella di potersi fidare. La fiducia diventa strategia per competere.
I costi legati a questa metodologia sono dovuti alla redazione delle procedure, alla conduzione delle verifiche ispettive e al mantenimento delle registrazioni che evidenzino l'aderenza alla conformità.
I vantaggi sono tangibili perchè l'azione diventa pianificata e sistematica e si rivolge al sistema nella sua interezza. I vantaggi acquisiti si vedono, soprattutto, nella diminuzione degli scarti perchè fare le cose bene fin dalla prima volta costa meno.
E' sicuramente vantaggioso anche passare da un orientamento temporale volto al passato (controllare la qualità a posteriori) ad un orientamento temporale volto al futuro ("costruire" la qualità).
Tutti gli enti diventano importanti per il raggiungimento della qualità e le interfacce diventano fondamentali, ecco perchè un documento viene vistato da più enti prima della sua emissione.
Si parla per la prima volta di qualificazione dei fornitori e questo è un altro vantaggio.
Per la prima volta il concetto di qualità esce dall'ambito manifatturiero per rivolgersi a settori quali quello della sanità, della pubblica amministrazione, ecc.
Tra i difetti ricordiamo la mancanza di controllo dei costi (per l'assicurazione qualità è importante l'efficacia non l'efficienza), una certa burocrazia e formalismo nell'approccio e l'assenza di elementi che si riferiscono al miglioramento (staticità del sistema).
L'applicazione della Gestione della Qualità consiste nel rendere operativo un sistema formalizzato che permetta di ottenere il massimo dei risultati (efficacia) con il minimo dei costi (efficienza).
Con la Gestione della Qualità, si passa, per la prima volta, dal controllo del prodotto (controllo ex-post) e dall'assicurazione che i processi necessari alla sua realizzazione siano monitorati, al governo dei processi (cultura della qualità). Per governare davvero i processi e per soddisfare sempre i nostri clienti, lo strumento giusto è l'applicazione del miglioramento continuo che sta alla base della Gestione della Qualità. Se dovessimo riassumere questi concetti in una semplice frase, dovremmo utilizzare quella di A. Lincoln "Se ho otto ore di tempo per abbattere un albero, ne passerò 4 ad affilare la mia ascia". Se dovessimo, invece, tratteggiarli con un'immagine useremmo quella di una mappa che ci permette di trovare la strada più breve (o, semplicemente, la migliore) per raggiungere i nostri obiettivi.
Gestire la qualità, infatti, significa avere le competenze necessarie per padroneggiare le metodologie necessarie alla sua pianificazione, alla definizione della sua politica e dei suoi obiettivi, all'implementazione e al controllo delle attività necessarie per raggiungerli; significa utilizzare gli strumenti giusti che ci permettano di prevedere come si comporteranno i processi che costituiscono il sistema ed utilizzare strategicamente ed in modo oggettivo queste informazioni per aumentare continuamente l'efficacia dell'organizzazione nel raggiungere i propri obiettivi e l'efficienza nell'espletamento degli stessi.
Per fare previsioni centrate e per essere preparati a fronteggiare eventuali problemi ("gestendo" invece che "assicurando" o "controllando" la qualità), dovremo tenere conto di tutti gli elementi che possono portare ad una varianza del processo (le metodologie di lavoro, i macchinari utilizzati, l'ambiente, i sistemi di comunicazione, i materiali, le persone, ecc) e mantenerli monitorati.
La gestione della qualità può essere considerata una vera e propria rivoluzione culturale che le organizzazioni dovranno affrontare per restare competitivi su mercati fortemente improntati al cambiamento come quelli odierni.
I costi della Gestione della Qualità sono legati alla formazione, all'impostazione delle misurazioni e dei monitoraggi dei processi, alle analisi, al miglioramento continuo, alla creazione e al mantenimento di un ambiente in cui le persone siano motivate a compiere spontaneamente le azioni giuste.
I vantaggi sono moltissimi, perchè, per la prima volta, si lavora in base a feedback oggettivi che derivano dai dati ottenuti dalle misurazioni dei processi, dalle informazioni che ci arrivano dai clienti (reclami, segnalazioni contenute nei questionari), dal benchmarking, ecc. Per la prima volta la qualità diventa strategia.