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La tecnologia indica il sapere (logos) della tecnica (tekhnè), ovvero, del saper fare. Si parla di tecnologie informatiche, tecnologia delle costruzioni, e, analogamente, di tecnologie alimentari, intendendo, rispettivamente, il saper trattare l'informazione mediante procedure automatizzate, creare edifici architettonici o produrre alimenti.
Lo studio delle tecnologie presuppone, quindi, la capacità di conoscere e applicare tecniche. Per tecnica si intende l'insieme di norme (o regole) su cui è fondata una attività pratica. Per esempio, si parla di tecnica del disegno, intendendo l'insieme delle regole (proporzioni, prospettiva, luce e ombre, ecc.) che permettono la rappresentazione di figure su un opportuno supporto (tela, carta, pietra, ecc.) e mediante opportuni strumenti (matite, pennarelli, carboncini, ecc.). Si parla di tecnica delle costruzioni, intendendo l'insieme di regole che consentono la realizzazione di strutture architettoniche. Analogamente, le tecniche per la preparazione degli alimenti comprendono l'insieme delle regole che consentono la produzione di alimenti adatti al consumo umano. L'insieme delle tecniche costituisce la tecnologia. La tecnologia degli alimenti ha quindi lo scopo di conoscere, applicare, classificare, approfondire le tecniche usate per produrre alimenti. Esempi includono la pastorizzazione, sterilizzazione, evaporazione, essiccazione e refrigerazione.
La tecnologia è lo strumento della scienza. La scienza raccoglie le conoscenze su uno specifico argomento, che sia osservabile, misurabile e, quindi, descrivibile mediante il calcolo. Per farlo, la scienza usa le tecnologie, ovvero le tecniche esistenti. La scienza, a volte, definisce nuove teorie che possono permettere la costruzione di nuove tecnologie. Si pensi alle nanotecnologie, i microscopi a scansione elettronica, gli spettrometri di massa. Queste sono tecniche nate dalla ricerca scientifica. Lo studio non finalizzato ad una applicazione, a volte inteso come ricerca di base, ha permesso la comprensione di fenomeni e l'elaborazione di modelli matematici e, infine, teorie generali. Da queste sono poi nate tecniche. La scienza si distingue dalla tecnologia in quanto non necessariamente è utile a produrre qualcosa di immediato. Invece, le tecnologie hanno sempre un fine pratico, sono sempre mirate a risolvere un problema o migliorare una attività. Occorre, quindi, distinguere tra scienze degli alimenti e tecnologie alimentari. Le scienze alimentari sono quell'insieme di conoscenze specifiche legate all'osservazione del comportamento degli alimenti, per esempio, durante la loro conservazione, trasformazione o trasporto. Invece, le tecnologie alimentari sono quell'insieme di tecniche (o regole) che permettono di conservare, trasformare o trasportare alimenti. In conclusione, nelle scienze, lo studioso osserva, sperimenta, e descrive i risultati mediante teorie. Nelle tecnologie, invece, lo studioso applica le teorie col fine di produrre, migliorare o risolvere un problema.
Per astrazione, si può pensare al tecnico come colui che sa come usare uno strumento, mentre allo scienziato come colui che sa spiegare il perchè lo strumento funziona.
Estendendo questi significati, segue una definizione di tecnologia alimentare:
È necessario adesso chiarire cosa si intende per alimento. Per farlo, ci viene in aiuto il Regolamento CE 178 del 2002, indicato come la più importante legge a livello europeo in materia di alimenti:
Curiosamente, questa definizione non fa riferimento alla funzione principale degli alimenti, ovvero, quella di nutrire. In questo modo, l'acqua, pur non apportando alcun contributo nutrizionale, è certamente un alimento. Anche le gomme da masticare, che seppur spesso gettate e non ingoiate, sono considerate un alimento.
Invece, non sono alimenti i mangimi, non essendo ragionevole la loro ingestione da parte di esseri umani. Non sono alimenti nemmeno gli animali vivi. Fanno eccezione, tuttavia, gli astici, le aragoste e i bivalvi. Questi sono immessi sul mercato vivi, ma solo al fini di essere poi consumati dall'uomo successivamente al loro abbattimento.
Le mele, così come qualsiasi vegetale, non è un alimento, se non dopo la raccolta!
Il termine ingrediente viene definito dal Regolamento CE 1169 del 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori nel modo seguente:
Quando gli ingredienti vengono trasformati, si ottiene un semilavorato, e se questo assume la forma definitiva pronta per essere immessa nel mercato, diventa un prodotto finito. Una definizione di semilavorato rigorosa viene dal DPR 1496 del 1970, sebbene non specifica per l'industria alimentare:
Un termine molto importante nelle tecnologie alimentari è il processo.
Un processo deve essere inteso come un procedimento con cui si raggiunge un determinato scopo.
Per analogia, il processo alimentare è una sequenza di operazioni con cui si trasforma, conserva o trasporta l'alimento.
La norma della serie UNI EN ISO 9000:2000 definisce il termine processo come segue:
Un processo generale viene normalmente descritto con il seguente diagramma:
in cui emerge chiaramente il ruolo degli elementi in entrata al processo, il processo di trasformazione e gli elementi in uscita.
Per operazione unitaria si intende una singola modalità di trasformazione lungo il processo. In altri termini, si definisce operazione unitaria nel modo seguente:
Esempi di operazioni unitarie tipiche delle tecnologie alimentari sono:
Il diagramma a blocchi è un tipo particolare di diagramma di flusso particolarmente utilità per rappresentare graficamente in modo essenziale la sequenza delle operazioni unitarie che compongono un processo.
Spesso, tale diagramma viene anche arricchito di informazioni relative ai flussi materiali e quindi, diventa uno strumento molto utile per definire il bilancio di massa del processo e individuare le rese. Ancora , può essere arricchito di informazioni relative ai consumi energetici di ciascuna operazione unitaria, e quindi, diventa uno strumento per definire il bilancio di energia.
In modo molto semplice, il diagramma di flusso viene definito come segue:
Segue un esempio di diagramma di flusso relativo ad una generica attività di servizio presso un ristorante:
Nel disegno dei diagrammi di flusso si possono utilizzare poi dei simboli diversi per individuare gli ingredienti, i processi, i semilavorati e i prodotti finiti. Per esempio:
Materie prime:
Operazione unitaria
Semilavorato
Prodotto finito
Descisione
Alla base dell'attività di ogni azienda alimentare vi è sempre l'obiettivo di produrre qualcosa che possa soddisfare l'attesa del consumatore. Ogni azienda spera di raggiungere un successo commerciale, che si traduce nella vendita dei propri prodotti. La vendita genera un fatturato. Se i ricavi superano i costi, allora, si ottiene un profitto, che va a ripagare gli investimenti fatti della proprietà.
È quindi essenziale produrre un prodotto alimentare di qualità. Per qualità non si deve intendere un livello di eccellenza che solo pochi marchi o produzioni possono raggiungere. Ragionando per assurdo, produrre un formaggio di malga, prodotto solo d'estate con latte proveniente dagli alpeggi di selezionate zone alpine, prodotto con latte intero crudo, lasciato stagionare per 8 mesi in grotte naturali è certamente un prodotto di eccellenza, rappresentativo della territorialità della zona di produzione. È un prodotto che esalta l'autenticità geografica. È un prodotto che esprime la tradizione e, quindi, la tipicità. Ma se questo prodotto non rispettasse i requisiti minimi di igiene, certamente non sarebbe idoneo alla vendita e quindi, non potrebbe essere considerato di qualità.
Per contro, un formaggio fuso, tipo sottiletta, prodotto da una miscela di latti vaccini trattati termicamente, addizionati di sali di fusione e estrusi a caldo, pur non avendo caratteristiche di eccellenza, può essere un prodotto di qualità.
Il concetto di qualità è quindi qualcosa che misura lo stato del prodotto in riferimento all'uso atteso del consumatore e non a parametri di eccellenza. Per qualità si deve intendere qualcosa che ogni prodotto può raggiungere, e che può interpretarsi come la misura con cui soddisfano i propri clienti.
Vediamo come la norma ISO 9000 definisce la qualità
Come si osserva, la qualità è innanzitutto un grado, ovvero una misura. Per parlare di qualità di un prodotto bisogna quindi misurarla. Poi, la definizione della qualità associa la misura di caratteristiche intrinseche. Nel caso di un prodotto, queste caratteristiche intrinseche sono le grandezze fisiche, chimiche, biologiche, sensoriali o nutrizionali proprie dell'alimento. Esempi sono il colore, l'acidità, la consistenza, il contenuto in zuccheri, ecc. Infine, la definizione della qualità termina specificando che la misura di queste caratteristiche proprie dell'alimento devono soddisfare i requisiti. Nel caso di un alimento, per esempio, questi requisiti sono quelli dettati dalle attese del consumatore.
La stessa definizione vale nel caso di un processo di trasformazione. Per esempio, un impianto di pastorizzazione è di qualità se la misura della capacità oraria di produzione, la variabilità delle temperature di esercizio, l'efficienza dello scambio termico, la velocità con cui si effettua la pulizia dell'impianto, ecc. soddisfano le attese del committente.
In generale, la definizione offerta dalla normativa ISO può essere riassunta con una nota definizione elaborata negli anni cinquanta dal guru della qualità Joseph Juran, ovvero: fitness for use, o un prodotto è di qualità se è adeguato all'uso.
Segue un diagramma che esemplifica diversi livelli della qualità. Da sinistra a destra, sono indicate attese sempre più complesse. La prima attesa è che l'alimento soddisfi i requisiti cogenti, ovvero, che il suo consumo non faccia male. Andando verso destra, l'attesa si arricchisce, includendo requisiti nutrizionali, sensoriali o edonistici, fino a quelli culturuali e religiosi.